martedì 7 gennaio 2014

Il piacere dell'attesa



GIACOMO LEOPARDI : Un angolo tutto dedicato al grande Leopardi. Analizzerò le sue opere,la sua vita..tutto quello che c'è da sapere su un grande della letteratura italiana ed europea.  Ma cercherò,in primis,di far vivere Leopardi nella nostra quotidianità, perchè non potete immaginare quanto sia così attuale e maestro di vita. Sono un'appassionata leopardiana. So poco di lui, ma conto di conoscerlo sempre meglio anche grazie a voi.  Di volta in volta i post verranno inseriti sotto l'immagine con accanto la data della pubblicazione.



Eccoci qui con l'articolo #3 della rubrica Giacomo Leopardi. Vorrei analizzare con voi un tema  molto attuale,analizzato del nostro poeta di Recanati ne "Il Sabato del villaggio",canzone libera composta nel 1829, ma anche ne "La quiete dopo la tempesta". Entrambe,infatti,trattano del piacere inteso come l'attesa speranzosa di un avvenimento. 
Il piacere consiste nell'attesa,nella speranza che avvenga qualcosa di tanto atteso. 
Nella prima parte del "Sabato del villaggio"(vv.1-37),abbiamo la descrizione della vita quotidiana di un paesino. Protagonista di questa canzone,oltre alla natura che fa da sfondo a questo componimento,è la "donzelletta". Lei rappresenta la giovinezza spensierata,in attesa della festa ,in antitesi con la "vecchiarella" che ricorda invece i bei tempi andati(v.11). 
Il poeta,nella seconda parte della canzone,estende la riflessione sulla vanità dell'attesa,anche alla vita : la giovinezza,periodo felice e spensierato perchè si attende con ansia l'arrivo dell'età adulta,proprio come ci si prepara per il giorno di festa. Età adulta che ,ahimè, delude tutte le nostre aspettative di fanciulli speranzosi e ansisosi di crescere. L'arrivo di un qualcosa di tanto atteso è destinato a deludere le nostre aspettative,le nostre speranze;ma,durante l'attesa,siamo felici e spensierati.Una volta giunto il momento tanto atteso,tutto torna come prima:

diman tristezza e noia 
 recheran l’ore” 
(vv. 40-41) 

Quello che ci si aspetta non arriverà mai,e permarranno noia e tristezza. 
Il componimento si chiude con un'apostrofe ad un "garzoncello scherzoso" (v.43),che rappresenta il fanciullo ignaro di ciò che l'aspetta,ignaro della dura legge della realtà. Il fanciullo che non vedrà mai realizzarsi quello per cui ha tanto atteso e sperato.

"Godi, fanciullo mio; stato soave, stagion lieta è cotesta. Altro dirti non vo'…"
 (vv. 48-50)

 E' un invito al ragazzo,simbolo dell'ingenuità umana,a non desiderare di affrettare i tempi,di non correre con la vita e di godersi il presente e la giovinezza,che non tornerà mai più.Non passiamo il tempo ad aspettare un qualcosa che si rivelerà vano ed illusorio. 
Il concetto del piacere inteso come l'attesa,viene sviluppato anche nello Zibaldone(1821):

"il piacere umano si può dire ch'è sempre futuro… Io spero un piacere; e questa speranza in moltissimi casi si chiama piacere" 

Quante volte è capitato di attendere tanto un avvenimento,così tanto da rimanerne delusi all'arrivo. Il piacere sta nell'attesa,perchè quello che verrà non sarà mai come ce lo aspettavamo. Ecco quindi che viviamo in un'attesa continua,aspettiamo domani per comprare qualcosa,aspettiamo una festa,aspettiamo il compleanno. Per questo,saggiamente ,il nostro Leopardi ci dice che il piacere umano è sempre futuro. 
Cerchiamo invece di pensare al presente e di provare piacere nel presente,di non affrettare i tempi,di non desiderare qualcosa che sicuramente non accadrà,o accadrà in altro modo. 

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